Storia dell’immigrazione negli Stati Uniti

Last updated on Dicembre 19th, 2023 at 09:41 am

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Attualmente l’immigrazione è un tema caldo negli Stati Uniti, soprattutto per i dibattiti in corso sulle attuali politiche di immigrazione. Tra queste discussioni è importante ricordare le radici della nostra Nazione. In questo articolo spieghiamo la storia dell’immigrazione negli Stati Uniti da molti Paesi e culture e perché la popolazione immigrata costituisce la spina dorsale degli USA.

Bandiera statunitense

Le prime migrazioni verso le Americhe

Le migrazioni ci sono state fin dall’esistenza del genere umano. Vi sono molte teorie popolari sull’origine degli esseri umani: alcuni ipotizzano che la nostra specie si sia originata in un unico luogo e che sia migrata gradualmente per popolare diverse parti del pianeta, molto prima che esistesse il concetto di Paese o di confine. Con molta probabilità, la migrazione è  intrinsecamente legata all’umanità come qualsiasi altra cosa.

I nativi americani

Le prime ondate migratorie verso le Americhe provenivano dallo Stretto di Bering, un ponte naturale che collega la punta nord-orientale dell’Asia con la parte più settentrionale del continente americano nell’emisfero occidentale. Questo gruppo di immigrati popolò tutto il Nord e il Sud America, dividendosi successivamente in diversi gruppi indigeni ed insediandosi in quelli che oggi sono gli Stati Uniti, il Canada, il Messico, l’America Centrale e fino all’Argentina. Oggi questi gruppi sono conosciuti come “nativi americani” e amerindi degli Stati Uniti.

Gli europei in Nord America

Prima delle ondate più recenti di coloni europei, gli esploratori vichinghi arrivarono in Nord America nel 1000 d.C., sbarcando sull’isola canadese di Terranova. I Vichinghi rimasero nella regione per almeno 500 anni prima di tornare in Groenlandia.

Durante la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, molti coloni inglesi, spagnoli e francesi occuparono territori nelle Americhe, soprattutto nella parte settentrionale del continente.

Il Nord America, e gli Stati Uniti in particolare, non esisterebbero oggi senza queste prime ondate di emigranti coloniali che fondarono colonie nella regione, ancor prima che il Paese esistesse come tale.

Le tredici colonie

Le prime colonie furono fondate nel territorio che poi divenne gli Stati Uniti ed erano governate dalla Corona britannica che sponsorizzò una serie di esplorazioni per trovare beni materiali e risorse naturali da esportare in Europa, per aumentare così  il proprio potere e la propria ricchezza.

Le prime tredici colonie prosperarono per diversi decenni, creando i propri Governi locali e tenendo persino delle elezioni. Quando la Gran Bretagna cercò di ottenere un maggior controllo su queste colonie, i coloni resistettero e lottarono per l’indipendenza, lotta che sarebbe diventata nota come Guerra d’Indipendenza Americana.

Le tredici colonie dichiararono ufficialmente la loro indipendenza nel 1776: è così che un gruppo di immigrati coloniali fondò gli Stati Uniti d’America.

Quando le persone hanno iniziato a migrare negli Stati Uniti?

Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, ovvero prima della Prima Guerra Mondiale, più di 30 milioni di immigrati europei, per lo più provenienti dall’Europa meridionale, centrale e orientale, migrarono negli Stati Uniti. Nel 1910, gli immigrati legali erano più di 13,5 milioni, il che fece aumentare notevolmente la popolazione.

Un gran numero di immigrati, soprattutto cattolici, ebrei ed europei di lingua inglese, emigrarono negli Stati Uniti con la promessa di posti di lavoro e prosperità finanziaria, dovendo così prendere la difficile decisione di lasciarsi alle spalle famiglia, amici e modi di vita e sapendo quanto sarebbe stato difficile guadagnarsi da vivere e inviare denaro a casa. Oggi è molto facile inviare denaro a qualcuno in un altro Paese scaricando l’app Remitly.

I gruppi di migranti più numerosi dell’epoca furono i seguenti:

  • Italiani
  • Irlandesi
  • Britannici
  • Tedeschi
  • Ungheresi
  • Polacchi

Migrazione africana forzata

Purtroppo, non tutta l’immigrazione negli Stati Uniti è avvenuta sotto la promessa di autodeterminazione. Tra il 1625 e il 1866, circa 388.000 africani furono portati con la forza in America per essere venduti come schiavi o servi.

Al loro arrivo, molte famiglie furono separate e vendute prima di essere costrette al lavoro forzato in condizioni brutalmente dure in questo Paese in via di sviluppo.

Il Proclama di Emancipazione firmato nel 1865 abolì lo status legale della schiavitù in tutti gli Stati Uniti.

Sebbene gli afroamericani abbiano radici dure e dolorose, la loro migrazione forzata ha prodotto una comunità numerosa e vivace. Oggi gli afroamericani negli Stati Uniti sono circa 42 milioni e rappresentano il 12,2% di tutti gli americani.

Sebbene le conseguenze della schiavitù si riverberino ancora nella società moderna, i discendenti dei Paesi africani e caraibici continuano ad arricchire gli Stati Uniti con le loro culture e tradizioni.

Conseguenze dell’immigrazione

Con l’aumento delle nuove ondate di immigrazione, gli americani espressero apertamente la loro xenofobia, scatenando azioni politiche e federali:

  • 1849 – Il movimento Know Nothing nasce come partito politico anti-immigrati per paura dei grandi gruppi di immigrati provenienti dall’Irlanda e dalla Germania
  • 1875 – Dopo la Guerra Civile, la Corte Suprema stabilisce che spetta al Governo federale, e non ai singoli Stati, imporre leggi sull’immigrazione
  • 1882 – La legge sull’esclusione cinese proibisce ai cinesi di immigrare negli Stati Uniti. Nel pieno dell’industrializzazione, i cittadini bianchi americani incolpavano i lavoratori cinesi per i salari bassi

L’immigrazione attraverso Ellis Island

I 12 milioni di immigrati che entrarono attraverso Ellis Island resero gli Stati Uniti un crogiolo di culture. Molti si stabilirono a New York, mentre altri scelsero di vivere in altre città portuali.

Nel 1886, ovvero in occasione del 100° anniversario della Dichiarazione d’Indipendenza americana, il popolo francese regalò la Statua della Libertà al popolo americano come simbolo dell’amicizia franco-americana.

La poesia “Il nuovo colosso” di Emma Lazarus fu aggiunta alla base della Statua della Libertà nel 1903:

“Non come il gigante di bronzo di greca fama,

con le sue membra conquistatrici che si estendono di terra in terra;

Qui, alle nostre porte, nel crepuscolo bagnato dal mare, si ergerà

Una donna possente con una fiaccola, la cui fiamma è

La luce dei prigionieri e il suo nome è

La madre degli esuli. La sua mano come un faro

brilla per dare il benvenuto al mondo intero. I suoi occhi docili comandano

La baia ventosa incorniciata dalle città gemelle”.

“Le terre di un tempo si tengano le loro storie pompose!”. Esclama

Con labbra silenziose: “Dammi i tuoi stanchi, i tuoi poveri,

le tue masse accalcate che gemono per respirare liberamente,

I disprezzati delle tue coste affollate.

Mandami questi, i diseredati, gli scarti della tempesta.

Alzo la mia lampada accanto alla porta d’oro!”

In origine, la Statua della Libertà non era stata concepita come un simbolo migratorio. Tuttavia, l’aggiunta di questa potente poesia la trasformò in un’icona di libertà e di democrazia, oltre che in un monumento di benvenuto e in un faro di speranza per gli immigrati che arrivavano a New York.

L’America divenne un porto sicuro per coloro che cercavano rifugio da condizioni pericolose all’estero. Durante la Grande Carestia che devastò l’Irlanda, più di 1,5 milioni di irlandesi emigrarono negli Stati Uniti tra il 1845 e il 1855.

Il sentimento immortalato nella poesia aggiunta alla base della Statua della Libertà risuonò con le ondate di rifugiati e di dissidenti politici che emigrarono negli Stati Uniti durante il XX secolo. In tempi più recenti, Ellis Island e gli Stati Uniti sono stati visti come simboli di speranza sia per i dissidenti cubani in fuga dal regime castrista che per i richiedenti asilo politico provenienti da Cina e Vietnam.

La xenofobia continua

Purtroppo, con l’aumento della diversità e delle nuove ondate migratorie, aumentarono anche la xenofobia e le politiche di immigrazione degli Stati Uniti.

Nel 1907 fu firmato il Gentlemen’s Agreement, simile al Chinese Exclusion Act, per limitare l’emigrazione giapponese negli Stati Uniti. Anche in questo caso, gli americani bianchi erano preoccupati di perdere il lavoro e di guadagnare meno qualora un numero eccessivo di lavoratori giapponesi si fosse stabilito nel Paese, soprattutto in California. Da parte sua, il Giappone accettò di limitare l’emigrazione.

Quasi due decenni dopo, venne istituito l’Immigration Act del 1924, un sistema di quote per limitare il numero di immigrati, in particolare gli asiatici, che entravano negli Stati Uniti.

Impedire a determinati gruppi etnici di entrare nel Paese fece aumentare l’immigrazione clandestina, spingendo la polizia di frontiera degli Stati Uniti ad agire.

Gli effetti della Seconda Guerra Mondiale

Quando la Seconda Guerra Mondiale causò una carenza di manodopera, nel 1942 fu varato il Programma Bracero che consentiva ai lavoratori messicani di entrare negli Stati Uniti per risolvere temporaneamente il problema.

Quando l’Olocausto si diffuse in tutta Europa, privati cittadini e organizzazioni religiose iniziarono ad aiutare i rifugiati in cerca di asilo a stabilirsi negli Stati Uniti. Furono questi privati cittadini a spingere per una riforma dell’immigrazione e, di fatto, i loro sforzi ispirarono il Displaced Persons Act del 1948, ovvero la prima legge sui rifugiati negli Stati Uniti. Questa legge è stata la prima del suo genere negli Stati Uniti e ha contribuito a risolvere il problema del gran numero di europei che cercavano di vivere negli USA dopo la guerra.

L’immigrazione negli Stati Uniti oggi

Il Congresso ha approvato l’Immigration and Nationality Act nel 1965. Questa legge ha rappresentato una pietra miliare per i sostenitori della diversità negli Stati Uniti, in quanto ha abolito il sistema delle quote, che consentiva l’ingresso solo ad un certo numero di immigrati e di rifugiati. Questa legge pose fine anche alla Formula delle Origini Nazionali, che dava la preferenza agli immigrati europei rispetto a quelli provenienti da altri Paesi. Si trattava di una nuova politica di immigrazione basata su un sistema di preferenze che mirava a riunire le famiglie di immigrati e ad attirare i lavoratori altamente qualificati per dare impulso all’economia degli Stati Uniti.

DACA

Anche nell’ultimo decennio sono state adottate importanti politiche di immigrazione. Nel 2012, il Presidente Barack Obama ha firmato la Deferred Action for Childhood Arrivals (DACA). Questa misura protegge i figli degli immigrati illegali dal trasferomento forzato. Tuttavia, il DACA non prevede un percorso verso la cittadinanza e questi bambini non sono considerati residenti permanenti legali.

I gruppi di immigrati più numerosi

Oggi molti immigrati si stabiliscono in tutti gli Stati Uniti, ma soprattutto in California, Florida e Texas, mentre Chicago, San Jose, New York City, San Francisco e Washington D.C. sono le città più favorevoli agli immigrati negli Stati Uniti.

La maggior parte degli immigrati negli Stati Uniti proviene dai seguenti Paesi:

  • Messico
  • Cina
  • India
  • Filippine

 

Gli Stati Uniti hanno creato e formulato un sistema di immigrazione che non solo ha permesso a persone provenienti da tutto il mondo di immigrare nei suoi territori, ma ha anche reso questo Paese molto ricco e diversificato. La cultura, la cucina e le tradizioni di molti immigrati provenienti da contesti diversi e variegati convergono per creare un melting pot multiculturale. Gli Stati Uniti sono un luogo in cui le persone possono riunirsi in condizioni di rispetto reciproco e di speranza condivisa per un futuro migliore e più luminoso. Per questo motivo, è importante celebrare le origini nazionali degli immigrati costituenti la popolazione americana.

Remitly sostiene gli immigrati negli Stati Uniti. Il nostro CEO, Matt Oppenheimer, è stato un sostenitore di questi immigrati, sottolineando l’importanza delle rimesse transfrontaliere al Congresso. Siamo consapevoli dell’impegno degli immigrati e del loro ruolo di fornitori per le loro famiglie in tutto il mondo. Il loro duro lavoro ispira Remitly e la nostra mission è quella di aiutare gli immigrati a inviare denaro ai loro cari in patria in modo semplice. Clicca qui per cominciare subito!

Immagine: https://unsplash.com/photos/AcWC8WuCQ_k

Le rimesse in una società globale

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